La editorial Rizzoli acaba de publicar la correspondencia de la periodista italianaOriana Fallaci. Se trata de un compendio de 120 cartas, cruzadas con sus amigos, amantes y estadistas, entre las que se incluyen las dos enviadas al dictador cubano Fidel Castro.
Según una reseña publicada hoy por el diario español El Mundo, la primera misiva fue para solicitarle una entrevista al caudillo tropical, que le fue denegada, y la otra totalmente molesta por la impsibilidad de hacerle preguntas a Castro.
"No soy socialista. Lo he sido. Si usted realmente hubiera leído mis artículos y mi último libro, conocería mi desconfianza en los dogmas, y mi poca esperanza en que ni tan siquiera el socialismo pueda cambiar a los hombres", se dirige Fallaci al esquivo sujeto.
La misiva de respuesta al comandante comunista está fechada en octubre de 1983 y se dirige a sí a FC: “Nadie me había dicho que para entrevistar a Fidel Castro había que ser socialista, y creer que los países socialistas son el paraíso terrenal", lo que demuestra que la Fallaci no se las aguantaba a cualquiera.
La carta en Italiano
New York, 1° ottobre 1983
Signor Presidente,
mercoledì 28 settembre il Suo Ambasciatore all’Unesco, dottor Alfredo Guevara – da Lei inviato appositamente da Parigi a New York per recapitarmi il Suo messaggio – mi ha comunicato che l’intervista fissata per il mese di novembre era stata cancellata. Il motivo di questa decisione ha dell’incredibile: «Di’ a Oriana che ho ricevuto da una fonte di comprovata fedeltà l’informazione che, non appena lontana da Cuba, si è espressa in maniera irriverente nei miei confronti e che ha rilasciato dichiarazioni che denotano pregiudizi sulla rivoluzione e sul socialismo». «All’Avana cinque testimoni» ha aggiunto Guevara «potranno confermare che lo stesso “delitto” è stato commesso anche su territorio nazionale.»
Questo messaggio è un insulto alla mia intelligenza e alla mia dignità. Il Suo gesto è un tradimento, nonché una mancanza di rispetto alla mia persona che non Le ha mai mancato di riguardo e a cui Lei invece deve – e non solo per questo motivo – molto rispetto.
Tuttavia, poiché sono una signora educata, cercherò di controllare lo sdegno che mi assale. E le risponderò.
1) Non conosco, e non mi interessa nemmeno, il livello intellettuale e culturale degli informatori di «comprovata fedeltà» che mi avrebbero rivolto tali ridicole accuse dentro e fuori il territorio cubano. Oltre ad Alfredo Guevara, a Gabriel García Márquez e al loro gruppo di amici – persone intelligenti che mai mi avrebbero attribuito un comportamento tanto stupido – a Cuba ho avuto contatti solo con l’Ambasciatore italiano e con coloro che si sono fatti carico delle mie necessità negli ultimi giorni. Inoltre, in aeroporto mi è stato affiancato un giornalista argentino con il compito di assistermi in ogni evenienza.
2) L’Ambasciatore italiano è un idiota che non sa quel che dice, come la sua terribile moglie e i suoi inetti collaboratori. Coloro che si sono occupati di me in quegli ultimi giorni erano estremamente disponibili e sorridenti, ma – mi dispiace per Lei – non mi sono sembrati capaci né di fornire un resoconto su Oriana Fallaci, né di comprendere le sue idee e tanto meno di capire la sua lingua. Per esempio, dicevano di conoscere l’italiano e l’inglese, ma mi rendevo perfettamente conto che comprendevano molto poco di quel che dicevo e che perdevano frequentemente il filo di quel poco che coglievano… Inoltre, per quanto riguarda il giornalista argentino, il suo italiano non era certo migliore. E come se questo non bastasse, dissimulava malamente una fastidiosa irritazione che provava nei miei confronti per ciò che avevo dichiarato a Buenos Aires sui giornalisti del suo Paese. Mi sono ben guardata dal fornirgli alcuna opportunità che potesse essere utilizzata per costruire un’inutile e mal congegnata calunnia contro di me.
Non sono nata ieri. Sapevo bene che la simpatica scorta che mi accompagnava sia in città sia in aeroporto, Le avrebbe riportato qualunque mio gesto, dal nome del profumo che uso al numero di sigarette fumate. Anche se non avessi stabilito con Lei l’intesa che credevo di aver stretto, non sarei stata così imbecille da commettere un errore tanto grottesco e infantile come quello che Lei mi attribuisce.
3) Una volta fuori da Cuba, ho mantenuto il silenzio sulla Sua persona e il segreto sul nostro progetto, tanto che nemmeno i più sofisticati microfoni della Cia uniti a quelli del Kgb avrebbero potuto cogliere la mia voce. Ho rotto il silenzio solo con tre persone: a) William Broyles Jr., direttore di «Newsweek», che sarebbe stato il primo a pubblicare la mia intervista con Lei e che rimase quasi sbigottito dall’ascoltare l’entusiasmo con cui io descrissi il nostro futuro incontro; b) il nostro ministro degli Affari Esteri, Giulio Andreotti, che mi aveva aiutato a rinnovare la richiesta di intervistarla; c) mio padre che ha ottant’anni e che vive sulle colline toscane insieme ai suoi cani, i suoi gatti, le sue galline e le sue api. Escludo che William Broyles, Giulio Andreotti, mio padre, i suoi cani, gatti, galline e api possano aver riferito ciò che i suoi informatori di «comprovata fedeltà» Le hanno riportato.
In riferimento agli «irriverenti giudizi e pregiudizi» di cui vengo accusata, questo è tutto. E non accetto di essere messa sotto processo per dei pettegolezzi da cortile. Anzi, non accetto di essere messa sotto processo da niente e da nessuno.
4) Non sono socialista. Lo sono stata. Se Lei avesse davvero letto i miei articoli e il mio ultimo libro, conoscerebbe la mia diffidenza nei confronti dei dogmi salvifici, nonché la mia sfiduciata conclusione che nemmeno il socialismo è in grado di cambiare gli uomini. (E questo, sì, è un tema su cui mi sarebbe piaciuto discutere con Lei, invece di chiederle – come ha fatto la televisione americana – «Chi dorme nel suo letto».)
Però nessuno mi aveva mai detto che per intervistare Fidel Castro era necessario essere socialista e credere che i Paesi socialisti siano il Paradiso terrestre. I giornalisti nordamericani che Lei riceve senza tempi di attesa di sette anni, senza offenderli con accuse mal congegnate, che non sono che pretesti ben calcolati, senza protestare quando riducono quattro ore di intervista a una paginetta di arbitrarie estrapolazioni o quindici minuti di superficialità televisiva, non sono socialisti. Non vengono a Cuba per dire che il socialismo è il Paradiso terrestre e che è in grado di cambiare gli uomini. Anzi, sono i peggior reazionari che io conosca.
Nessuno può dire lo stesso di me. I Suoi informatori «di comprovata fedeltà» avrebbero svolto il loro compito in maniera migliore ricordandole la storia della mia vita; l’affetto, l’ammirazione e la credibilità di cui godo e che mi circondano in ogni parte del mondo; e ciò che ho fatto e continuo a fare a favore della libertà, a costo nella mia tranquillità e della mia incolumità personale.
5) Ovviamente non credo che la ragione per cui Lei si è rimangiato la parola data sia il motivo che mi è stato comunicato da Alfredo Guevara. Se ci credessi, io per prima starei insultando la mia intelligenza. E aggiungo: può essere che sia stato tramato un complotto contro di me, però dubito che Lei sia il tipo di persona e il tipo di governante da lasciarsi manipolare dalla mala fede dei Suoi subalterni.
La verità è che Lei ha ritratto la parola data; mi ha tradita poiché si è pentito. E si è pentito perché ha avuto timore di parlare con me di Fidel Castro e degli argomenti per cui La consideravo un interlocutore ideale. (E anche io costituivo per Lei l’interlocutrice ideale.) In luogo di questo, Lei ha intravisto in quest’intervista il rischio che certi leader vedono in me: la donna scomoda, dal pensiero indipendente, la scrittrice che non è impressionata dal Potere e che lo affronta senza timore e senza timidezza per permettere al suo lavoro di entrare nella storia. Che pena! La ritenevo più audace, più agguerrito. Non c’è nulla che ammiri di più del coraggio e nutro sempre un grande rispetto verso coloro che non hanno paura di confrontarsi col mio.
6) Due rappresentanti del Potere mi hanno voltato le spalle in questi giorni: Augusto Pinochet e Fidel Castro. Pinochet ha cambiato idea accusandomi di essere una sovversiva che vagava nei dintorni di Santiago sobillando il popolo contro il regime. Non è esattamente così, ma i timori del cileno erano giustificati... Posso comprendere Pinochet. Non posso dire lo stesso per Fidel Castro. Non mi lusinga sapere che ha avuto paura di Oriana Fallaci. Al contrario, mi delude come uomo e come politico. E più come uomo che come politico. Credevo di aver conosciuto un uomo che non era solo un capo di Stato o un uomo politico. Ma adesso comprendo di aver conosciuto solo uno dei tanti capi di Stato, uno dei politici di turno. Anzi, ho conosciuto un politico che si è permesso di prendersi gioco di me. Scriverò tutto nel mio prossimo libro, spiegando il motivo per cui non appare l’intervista a Castro. E questo triste episodio sarà l’amara conclusione dei miei studi sul Potere.
Si accorgerà che mercoledì 28 settembre Lei ha commesso un grave errore: non ha solo mandato all’aria un’intervista di prima qualità e di storico rilievo. Non ha solo indignato una persona che sarebbe stato molto più saggio non offendere e non insultare. Come un masso che cade pesantemente in un salone di cristallo e che infrange tutto ciò che vi è di prezioso, Lei ha distrutto qualcosa di molto più valore.
E per questa ragione, io non la assolverò.
Oriana Fallaci
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